Classe 1997, Sara Fantini è una martellista italiana, che vanta numerosi titoli, tra cui quello di essere la prima donna italiana a vincere l’Europeo nel lancio del martello. E non possiamo, ovviamente, dimenticarci delle sue partecipazioni alle finali olimpiche di Tokyo 2020 e Parigi 2024.
Mantenendo la sua passione per la storia e battendo ogni record, Sara sta raggiungendo giorno dopo giorno i risultati più alti a cui ogni atleta aspira nella propria carriera.
Com’è nata la tua passione per il lancio del martello? Cosa ti ha attratto di questo sport?
Ho iniziato a fare atletica all’età di circa 16 anni, un’età particolare per tuttə gli adolescenti. Prima dell’atletica ho provato tantissimi sport: tennis a livello agonistico per ben 8 anni, basket, equitazione. Entrambi i miei genitori sono sempre stati molto legati all’ambiente sportivo: mio padre ha partecipato alle Olimpiadi di Atlanta nel 1996 nella specialità del getto del peso e, perciò, sono letteralmente figlia d’arte. Nonostante questo, nessuno mi ha mai forzata ad andare sul campo d’atletica, sono sempre stata lasciata libera di procedere in maniera spontanea e volontaria con il mio percorso, sebbene, magari, vedessero in me del potenziale.
Sono, poi, arrivata ad un punto in cui mi sono chiesta “Ma che senso ha la mia vita? Che impronta le voglio dare? In che modo mi voglio autodeterminare? Che tipo di persona voglio essere?”. Solitamente, la risposta a tali domande arriva attraverso un lavoro, un’occupazione…io l’ho ricercata sviluppando un mio modo di trovare la Sara adulta.
Alla fine, verso i 16 anni, ho iniziato a fare un po’ di introspezione per comprendermi, per capire cosa fosse davvero importante per me, per la mia vita, e in che modo potessi esprimere quanto sentivo e rendermi anche utile agli altri.
Lo sport ha sempre fatto parte della mia vita, ci sono nata dentro e non sono mai riuscita a pensare ad un mio futuro senza esso. Sapevo bene che questo sarebbe stato un mondo in cui mi sarei potuta esprimere e grazie al quale sarei potuta crescere; tuttavia, non sapevo in quale veste mi sarei dedicata allo sport, se da allenatrice, da atleta piuttosto che da dirigente sportivo.
È stato allora che i miei genitori, con cui ho un bellissimo rapporto, mi hanno consigliato di tentare con l’atletica: effettivamente mi dava delle potenzialità diverse perché mi permetteva di conoscere il mio corpo nel modo più completo.
Il tennis è uno sport molto bello e mi è sempre piaciuto (ragion per cui non mi sono persa nemmeno la partita Sinner-Alcaraz, ndr), ma, per come l’ho vissuto io, non mi ha mai dato la possibilità di scoprire me stessa in ogni sfaccettatura. Avendo tante specialità, con l’atletica potevo sperimentarmi: salti, corsa, ostacoli, lanci. Dopo circa un annetto di prove, mi sono avvicinata in maniera definitiva al lancio del martello. È una specialità che le donne praticano da non troppo tempo (se non erro, Sydney 2000), in precedenza era praticata quasi esclusivamente da uomini e, anche in quel caso, era molto di nicchia. Nonostante ciò, quando ho preso in mano il martello, ho provato un po’ di tecnica, ho partecipato a qualche gara e me ne sono innamorata. La mia disciplina prevede un gesto che a me piace definire “elegante”, sebbene sia pienamente consapevole degli stereotipi che ruotano attorno agli atleti che praticano tale sport: ai miei occhi il lancio del martello continua ad essere estremamente femminile.
Non posso, però, negare che, quando ho iniziato, ero titubante perché convinta di dover snaturare la mia identità, la mia persona, la mia fisicità per adattarmi alla fisicità necessaria per riuscire bene in questa specialità. Qui mi hanno aiutato molto i miei genitori che mi hanno fatto conoscere esempi di donne bellissime e femminili che hanno continuato il percorso naturale nel loro corpo, diventando, comunque, grandi atlete e campionesse.
Grazie a codesti modelli di persone che non hanno dovuto snaturare nulla per diventare ciò che sono diventate, mi sono convinta e ho deciso che anch’io avrei potuto almeno provarci.
Non nego che fare questo a 16 anni non è stato facile: sono sempre stata considerata “l’amica della bionda” e mi sono chiesta se ero disposta ad accettare di aggiungere al tutto una specialità sportiva che porta in maniera alquanto inevitabile a dei cambiamenti fisici. Mi sono data la risposta con un “sì” deciso, perché mi rendevo conto che più andavo al campo, più facevo ciò che mi piaceva, più acquistavo consapevolezza del mio corpo, più mi sentivo bene anche a livello di salute. Pian piano ho imparato a riconoscere le cose che il mio corpo tollera e che mi fanno stare bene. È il profondissimo ascolto di me a permettermi di vivere in serenità le evoluzioni del mio corpo e di guardarmi allo specchio e vedere oltre quella che è l’apparenza. È stato un vero e proprio percorso di accettazione: abbinando la mia forma fisica e il mio io completo, sia in qualità di atleta sia come normale persona, sono arrivata a piacermi.
Per quanto l’evoluzione del mio corpo fosse inizialmente una preoccupazione, in realtà, si è rivelata una benedizione e un auspicio: ho potuto vedere il mio corpo non come un ostacolo ma come uno strumento “vivo”, che vivifica, utile a raggiungere i miei obiettivi e ad esprimermi. L’esperienza sportiva per me ha rappresentato il rifiorire in un momento in cui ero già bocciolo…ero giovane e non sapevo come fiorire. Ora il mio fiore è diventato più grande, più bello e più significativo di quanto mi aspettassi.
Cos'è per te la bellezza?
Domanda complessa! Io ho un sistema di valori molto complicato e per me la bellezza è il valore per eccellenza. Io ho sempre creduto nella classica frase “La bellezza salverà il mondo”. Per me, la bellezza non è solo l’estetica, ma tutto ciò che ci fa vivere, tutto ciò che muove la nostra anima, che ci attrae e ci spinge ad agire: noi ci svegliamo e facciamo qualsiasi cosa perché vediamo il bello in ciò che stiamo per fare. Noi stessə facciamo parte della bellezza: c’è chi riesce ad ascoltarla, c’è chi la ignora per tanti motivi, c’è chi si è incastrato in un sistema malato e contorto, dove il focus è stato spostato da quello che dovremmo sentire a quello che, invece, sembra dovrebbe essere. Se riusciamo a capire questo, possiamo anche provare a raggiungere la felicità… bellezza, felicità e verità, ai miei occhi, possono diventare un tutt’uno: rappresentano ciò a cui dovremmo tendere per comprendere noi stessə, essere felici e sentirci parte integrante di una realtà più grande.
Partendo da questo presupposto, aggiungo che “se la bellezza salverà il mondo, allora noi dobbiamo salvare la bellezza”: con tutte le sovrastrutture che ci siamo creatə, ci stiamo allontanando da tante cose reali, vere, profonde, per avvicinarci alla sola ed emerita superficie. Noi siamo più in grado, a differenza degli antichi, di unirci alla bellezza che ci circonda, con la quale stiamo, al contrario, facendo la guerra.
Quali pregiudizi o stereotipi hai affrontato legati al fatto che pratichi uno sport “di forza”, considerato “non convenzionale” per una ragazza? Quali sono state le tue emozioni e reazioni?
Ho affrontato pregiudizi (fortunatamente in un periodo della mia vita in cui già avevo accettato il mio corpo e mi piacevo) legati principalmente alla convinzione che il lancio del martello sia una specialità molto mascolina: è uno sport in cui si deve mettere su parecchia massa, il che implica un aumento di peso e muscoli, bisogna essere più definitə rispetto a come la società vorrebbe vedere la classica donna considerata bella.
Quasi mai mi sono sentita dire in faccia delle critiche sul mio aspetto fisico, ma mi è stato riferito, tramite un’amica, “Poverina, era anche carina…peccato che, con lo sport che si è scelta, si è sformata così tanto da non essere più bella”. Ciò che mi ha fatto sorridere maggiormente è stato il fatto che tale frase fosse stata pronunciata da un’altra donna. Nei miei confronti ho spesso trovato più critiche da parte del genere femminile. Purtroppo, esistono degli stereotipi: tendiamo a reagire e a giudicare più per via di ciò che ci è stato inculcato che per questioni di bellezza oggettiva. Tendiamo ad incasellare chiunque, ad esempio, in taglia 38, taglia 40, taglia 54, semplificando e togliendo alle persone il loro vero profondo valore. Ed è la società che ci porta così a semplificare anche quello che è il lato più prettamente umano. Per quanto la bellezza estetica sia importante, perché tuttə vogliamo guardarci allo specchio e sentirci bellə, la vera bellezza deve essere per se stessə, non per qualcun altrə.
Non posso negare che capitano, comunque, dei momenti di sconforto in cui queste frasi si fanno risentire e fanno riaffiorare un po’ di paura. L’importante è accettare che quei mostri ci siano, farci pace e avere la consapevolezza e la forza di “rimetterli a loro posto”, per quanto, in quell’istante, quel determinato dolore vada vissuto. Ancora oggi accade di sentirmi fragile dal punto di vista estetico e mi rendo conto che sia una sensazione piuttosto comune: non penso che la più bella delle modelle si veda e si senta sempre tutti i giorni la più bella o la più felice delle modelle.
Tuttavia, mi aiuta il credere fortemente che non bisogna mai lasciarsi definire da ciò che gli altri pensano di noi… anzi, sei tu a doverti definire.
In questo momento della storia abbiamo la possibilità tecnologica ed umana di diffondere parole gentili e il vero cambiamento si avrà quando ciò verrà realmente compreso, quando si smetteranno di muovere critiche finalizzate a svilire e ferire gli altri: nessuno è perfetto e anche a me è capitato di non usare una parola gentile, ma il reale problema sta nel perseverare con l’errore; ed è qui che nasce uno stereotipo, quando tante persone iniziano a convincersi che sia giusto qualcosa che, in realtà, è sbagliato e lo ripetono in maniera costante e continuativa, senza rendersi conto del male che stanno facendo alle persone perché spintə dalla superficialità e dal non considerare l’impatto delle proprie parole e dei propri gesti.
In che modo il lancio del martello ti ha aiutata a costruire fiducia in te stessa e a valorizzare la tua forza interiore?
Il lancio del martello mi ha aiutata ad associare il successo con il mio benessere: faccio uno sport di potenza che mi portata a prendere circa 15kg e so che tutti gli inverni aumento di 5kg, così come tutte le estati ne perdo 5. Ma ciò è normale che accada.
Mi hanno fatta stare sempre meglio tutte quelle attività che andavano oltre l’allenamento stesso: osteopatia, fisioterapia, nutrizione…come persona, sono ogni anno più sana, tanto che, ad oggi, non ho mai avuto un infortunio (gesto scaramantico delle corna sotto il tavolo dell’intervista lol!) e credo che il merito sia ad attribuire anche al fatto che ho sviluppato una profonda conoscenza del mio corpo. Il mio corpo continua ad evolversi in un modo che, grazie al lancio del martello, mi fa stare bene: io so che lancio meglio quando sono in forma perché quello è il momento in cui io mi sento meglio.
Ti trucchi mentre pratichi sport? Se sì, perché e che cosa rappresenta per te il makeup durante le tue prestazioni sportive?
Il makeup durante le prestazioni sportive mi serve a rimarcare la mia femminilità e farmi stare meglio: piacendomi truccata, vado in pedana più serena e tranquilla, soprattutto negli ultimi anni in cui vengo ripresa spesso dalle telecamere. Mi piace trasmettere l’immagine di una me a suo agio con se stessa e comunicare un messaggio di femminilità nel gesto atletico, anche se si tratta di un gesto di estrema potenza e forza.
Trovo che muscoli tesi ed occhi truccati siano un bel match!
Che messaggio vorresti lasciare a chi legge quest’intervista per incoraggiarlə a superare i pregiudizi legati all’apparenza?
Secondo me, lo sport è un ottimo veicolo sociale: qui c’è poca apparenza e superficialità ed è una realtà completa.
Il mio augurio è di fare sport, soprattutto, quando finalizzato a conoscere il proprio corpo e i propri limiti ed iniziare a comprendere e vivere ciò che ci fa stare bene. In tal modo, diventa anche più facile guardarsi allo specchio perché sei anche più felice e serenə.
Spero sempre che tuttə possano trovare la propria strada per fare dei piccoli passi dentro di sé e conoscersi a pieno: corpo e mente sono collegati ed è il nostro corpo il mezzo con cui interagiamo con gli altri ed esprimiamo i nostri pensieri e i nostri valori.
Conoscere noi stessə e il nostro corpo ci dà un potere incredibile per esprimerci in questo mondo, per comunicare quanto vorremmo veramente dire.
Brava Cami e Brava Sara! Ottima riflessione 🧡💪🏻